domenica 12 gennaio 2014

Un'esperienza personale per far riflettere: conclusioni



Date le considerazioni sopra riportate, la difficolta’di trovare un lavoro ancora oggi, la quantita’ di tasse che occorre pagare, penso che a molti potrebbe venir voglia di mollare tutto e scegliere o la strada del “barbone”, vivendo alla giornata o di emigrare all’estero, se si hanno risorse economiche per farlo. Io stessa ho pensato piu’ volte di andarmene dall’Italia e credo che mi potrei trovare bene. Tuttavia riflettendoci, emigrare vuol dire in un certo senso scappare e arrendersi alla situazione presente. L’orgoglio di essere Italiana che e’ residuo ma ancora resiste, mi impone di rimanere per continuare a lottare e cercare di migliorare la situazione nel mio piccolo. Questo senso di appartenza a una Nazione che nonostante tutto e’ ancora una grande Nazione perche’ fatta di tanta gente perbene dovrebbe smuovere le coscienze di tutti noi perche’ con volonta’ ci impegnamo a ricostruire l’Italia. Una persona di certo non puo’ pretendere di cambiare un’intera societa’ ed e’ spesso sopraffatta dalle situazioni ma come dice il detto “l’unione fa la forza”, insieme si puo’ cercare di cambiare la storia.
Oltre all’orgoglio c’e’ poi il lato che riguarda la fede e la speranza, due doti importanti di chi crede. Tutta la mia vita e’stata permeata dalla fede e sinceramente, dopo tutte le disavventure che ho attraversato,  non sarei qui a scrivere ora se non ci fosse stata una fede forte. La speranza e’ altrettanto importante perche’ permette di non perdersi mai d’animo e di andare avanti con la convinzione di poter cambiare qualcosa in meglio anche se potrebbe sembrare poco. La mia forza e’ il Vangelo: cerco ogni giorno e in ogni momento di prendere decisioni che siano conformi a quanto ci e’ stato insegnato da Cristo. Non e’ certo una via facile ma d’altronde il nostro Salvatore ci ha insegnato che la via per il Paradiso e la felicita’ eterna e’ stretta, irta e piena di ostacoli pronti a farci cadere. E’ questo che mi fa andare avanti ossia la certezza che alla fine di questa strada cosi’ difficile c’e’ una grande ricompensa. La stessa fede mi ha reso consapevole che non si trae nessun vantaggio dal mettere in atto cattivi comportamenti che non sono solo dati dai gesti clamorosi come omicidi o ruberie ma anche da comportamenti che sembrerebbe abbiano minor importanza come evadere le tasse o degradare qualcuno parlandone male. Gia’ da tempo mi sono resa conto che agire in malafede non tanto danneggia chi e’ oggetto di simili attenzioni quanto chi mette in atto simili comportamenti perche’ lo allontana da quel premio eterno che ci aspetta. Lo stesso proverbio latino “errare humanum est perseverare autem diabolicum” cioe’ “sbagliare e’ umano mentre perserverare e’ diabolico” lo attesta.
E’ quindi importante non solo conoscere a fondo il Vangelo ma anche cercare di utilizzarlo sempre come fonte di decisione in ogni ambito della vita. D’altronde essere Cristiani vuol dire questo e non semplicemente recarsi in chiesa una volta alla settimana.
Cristina

Un'esperienza personale per far riflettere: il tema del mobbing sui posti di lavoro e la giustizia



Il fenomeno del mobbing sul lavoro e’ quanto mai complesso. Non e’ un argomento che si sente nei media e sembra che sia limitato ma in realta’ e’ piu’ comune di quanto si pensi; le statistiche esistenti non rendono idea in quanto nella maggioranza dei casi chi subisce mobbing non lo denuncia e questo perche’ e’ difficile provare il mobbing in una causa per cui molti si scoraggiano. Esistono criticita’ che rendono difficile il compito di chi vorrebbe denunciare il mobbing: il primo problema riguarda l’assenza di una legge che renda  il mobbing un reato contro la persona come lo e’ la violenza sessuale. Il mobbing e’ per la quasi totalita’ un insieme di abusi psicologici e verbali che tendono a ridurre l’autostima della persona per avere un maggior controllo su di essa o per obbligarla ad abbandonare il proprio lavoro; la maggioranza dei lavoratori colpiti di mobbing infatti alla fine lascia il proprio lavoro. Il mobbing di fatto causa notevoli problemi a livello psicofisico: chi subisce mobbing non solo va incontro a problemi di scarsa autostima ma possono soffrire di ansia e depressione. Inoltre possono avere anche effetti sulla salute veri e propri in quanto e’ ormai noto come la mente sia collegata al corpo e che la depressione riduce le difese immunitarie. Il secondo punto critico e’ la difficolta’ nel raccogliere le prove da presentare in una causa di mobbing che spesso sono legate a discorsi fatti, facilmente smentibili da chi e’ accusato  di mobbing.
Io stessa sono stata vittima di mobbing anche se, per mancanza di prove, non mi sono cimentata in una causa e ho preferito optare per una causa di lavoro. Oltre alla mancanza di prove, e’ di notevole importanza l’atteggiamento del giudice che si ha di fronte e qui veniamo al problema della giustizia.  A parte il vizio della corruzione che sappiamo come e’ diffuso in Italia e che sicuramente colpisce anche una parte di giudici, un problema sicuramente piu’ diffuso e’ quello della complicita’ e del timore reverenziale. E’ mia opinione che la maggioranza dei giudici non abbia il coraggio di difendere sempre e comunque la verita’ ma che se sono di fronte a un giudizio che coinvolge un cittadino qualunque contro un colosso aziendale, un ente pubblico o piu semplicemente un uomo potente, preferiscano evitare qualsiasi tipo di “grana”, dando ragione a questi ultimi anche se il cittadino presenti di fronte al giudice tanto di documenti che ne provano l’innocenza . Questo e’ quello che e’ capitato anche a me, farmacista precaria in causa contro un’ASL che oltre a sanzionarmi con provvedimenti disciplinari mi ha lasciato a casa prima della fine del contratto, sebbene ci siano documenti che provino la falsita’ delle accuse contro di me.  Quello che fa piu’ rabbia in queste situazioni e’ che non solo si riceve un danno da persone in malafede ma ad esso si aggiunge anche la beffa di non avere riconosciuti i propri diritti nemmeno di fronte a un giudice. La mia situazione e’ solo una delle tante in Italia. Solo recentemente ho potuto sentire in TV la storia di un dipendente pubblico solerte che ha provveduto a denunciare suoi colleghi che timbravano il cartellino sul posto di lavoro per poi andarsene per i fatti loro, presso i suoi superiori e per tutta risposta ha subito una sanzione disciplinare quando in realta’ avrebbe meritato un premio.
E come non ricordare le denuncie dei familiari di detenuti morti in carcere a causa delle percosse da parte di alcune guardie carcerarie, fatti gavissimi che in piu’ di un’occasione non hanno avuto un riconoscimento, nemmeno di fronte al giudice, nonostante anche in questo caso la presenza di prove documentali.
Non si puo’ quindi fare finta di nulla e non riconoscere che c’e’ un problema di giustizia in Italia non solo legato alla burocrazia o alla lentezza dei processi ma anche ai problemi su discussi. Non ho ricette miracolose anche perche’ in questo caso sta per prima alla coscienza di ogni giudice il rispetto per il proprio ruolo che deve essere sempre fatto con equita’ e anche il rispetto per se stesso visto che abbassarsi alla logica del potere significa ledere la propria dignita’ come persona. E’ chiaro pero’ che il realizzarsi di un riconoscimento di una responsabilita’ individuale che porti il giudice che ha sbagliato a essere punito, porterebbe gia’ il sistema della giustizia italiana a un livello superiore.
Cristina

Un'esperienza personale per far riflettere: il tema dei Concorsi Pubblici



I post di oggi sono da una parte personale in quanto ricalca episodi negativi che ho vissuto recentemente ma dall'altra mi servono (e spero vi servano) come riflessione su tre temi di attualita' in Italia che sono discussi in sequenza ossia l'assenza di meritocrazia sui posti di lavoro, mobbing sui posti di lavoro e mancanza di giustizia.
Non entrero' nei dettagli delle vicende vissute anche perche' non aggiungerebbero nulla a cio' che voglio far emergere; il mio intento piuttosto e' quello di poter generare discussioni sul tema su citato ed offrire nel contempo il mio modo di vedere queste e altre situazioni.
Lavoro come farmacista precaria presso le strutture sanitarie pubbliche. Conosco bene la realta' dei concorsi pubblici in Italia avendo partecipato gia' a molti. Gia' dai primi concorsi mi sono imbattuta in questa realta' difficile fatta di concorsi "ad personam" in cui l’unico obbiettivo raggiungibile e’ quello di entrare in una graduatoria che puntualmente poi si rivela un’illusione (pur essendo entrata quasi sempre in graduatoria  anche come 2° o 3° non sono mai stata chiamata). E’ una vergogna vedere come non appena si entra in un’aula di esame o ancora prima si conosca il nome del vincitore o comunque si sappia che c’e’ gia’ un vincitore.  Mi e’ successo piu’ di una volta di assistere a saluti cordiali tra membri della Commissione d’esame e uno dei candidati senza un filo di vergogna. Questo succede alla luce del giorno specie in caso di concorsi a tempo determinato per titoli e colloquio per i quali anche un’eventuale ricorso da parte degli altri candidati non andrebbe a buon fine visto che, anche se c’e’ un trascritto dell’esame, i Commissari hanno la possibilita’ di manipolare la situazione. E’ poi da dire che sia per i concorsi a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato si assiste al passaggio delle domande del concorso al candidato prescelto giorni prima del concorso se non anche delle risposte e questo per facilitarlo assicurandone la vittoria. Questo e’ il classico metodo che viene utilizzato nelle raccomandazioni anche se persiste  il nepotismo di cui sono stata direttamente spettatrice (assegnazione di una borsa di studio alla nipote di un Direttore Generale di un’Azienda Ospedaliera senza nemmeno passare per un concorso pubblico). Data tale situazione, c’era da aspettarsi che io, non essendo raccomandata ne’ volendo essere raccomandata (visto che credo nella meritocrazia) e non avendo un cognome “nobile”, non solo a distanza di 10 anni sono ancora precaria ma devo lottare tra lunghi periodi di disoccupazione e brevi periodi di occupazione quando sono fortunata. Premetto che non ritengo di essere una professionista incompetente dacche’ ho un curriculum di tutto rispetto.
Come sanare questa situazione? Ci sono piu’ azioni che si possono mettere in atto per poter far emergere la tanto vituperata meritocrazia che permetterebbe all’Italia di risollevarsi e occupare veramente i primi posti nel mondo visto che l’Italia e’ ricca di “intelligenze” che purtroppo per ora devono emigrare all’estero o accontentarsi o di svolgere lavori che non le rendono giustizia.
Ebbene prima di tutto occorrerebbe una sana educazione ai principi etici e morali che parta dalla famiglia e coinvolga anche la scuola magari reintroducendo la cara e vecchia Educazione Civica. Questo permetterebbe di crescere una nuova generazione di giovani pronti a dire di “no” di fronte ai ricatti dati dalla promessa di un lavoro in cambio della compromissione morale che scaturisce dall’accettare di vincere un concorso sapendo in anticipo le domande e le risposte. Inoltre permetterebbe di crescere una nuova classe di dirigenti che ripudiano il sistema malato delle raccomandazioni, ora la norma, relegando tale pratica a pochi.
E’ chiaro che la soluzione precedente richiede tempo per dare i suoi frutti ma ci sono azioni che possono dare risultati in tempi piu’ brevi. La prima azione che si puo’ mettere in atto e’ una soluzione che deve partire dall’alto ossia da una decisione politica. E’ ora di dire basta ai concorsi che abbiano Commissioni d’esame interne. Obbligare le Aziende pubbliche a sottostare a esami condotti da Commissioni esterne sarebbe gia’ un buon deterrente per evitare le raccomandazioni, insieme all’obbligo di svolgere i concorsi in una sede esterna all’Azienda sede di lavoro del vincitore. Altro deterrente, essendo concorsi pubblici, sarebbe quello di poter avere registrazioni audio-video del concorso che possano essere utilizzate dai candidati che decidano di effettuare un ricorso.  Utile poi sarebbe anche in vista della semplificazione e della riduzione dei costi, avere macro-concorsi unici che ad es. in campo sanitario prevedano l’assunzione di piu’ figure professionali dello stesso tipo (farmacisti, infermieri….) da parte di piu’ Aziende Sanitarie.
Insomma la strada per la meritocrazia e’ lunga e non e’ ancora iniziata ma se veramente come, sentito piu’ volte in TV, si vuole favorire il rientro dei “ cervelli in fuga”, questa e’ l’unica via.
Cristina