Il fenomeno del mobbing sul lavoro e’ quanto mai
complesso. Non e’ un argomento che si sente nei media e sembra che sia limitato
ma in realta’ e’ piu’ comune di quanto si pensi; le statistiche esistenti non
rendono idea in quanto nella maggioranza dei casi chi subisce mobbing non lo denuncia
e questo perche’ e’ difficile provare il mobbing in una causa per cui molti si
scoraggiano. Esistono criticita’ che rendono difficile il compito di chi
vorrebbe denunciare il mobbing: il primo problema riguarda l’assenza di una
legge che renda il mobbing un reato
contro la persona come lo e’ la violenza sessuale. Il mobbing e’ per la quasi
totalita’ un insieme di abusi psicologici e verbali che tendono a ridurre l’autostima
della persona per avere un maggior controllo su di essa o per obbligarla ad
abbandonare il proprio lavoro; la maggioranza dei lavoratori colpiti di mobbing
infatti alla fine lascia il proprio lavoro. Il mobbing di fatto causa notevoli
problemi a livello psicofisico: chi subisce mobbing non solo va incontro a
problemi di scarsa autostima ma possono soffrire di ansia e depressione.
Inoltre possono avere anche effetti sulla salute veri e propri in quanto e’
ormai noto come la mente sia collegata al corpo e che la depressione riduce le
difese immunitarie. Il secondo punto critico e’ la difficolta’ nel raccogliere
le prove da presentare in una causa di mobbing che spesso sono legate a
discorsi fatti, facilmente smentibili da chi e’ accusato di mobbing.
Io stessa sono stata vittima di mobbing anche se,
per mancanza di prove, non mi sono cimentata in una causa e ho preferito optare
per una causa di lavoro. Oltre alla mancanza di prove, e’ di notevole
importanza l’atteggiamento del giudice che si ha di fronte e qui veniamo al
problema della giustizia. A parte il
vizio della corruzione che sappiamo come e’ diffuso in Italia e che sicuramente
colpisce anche una parte di giudici, un problema sicuramente piu’ diffuso e’
quello della complicita’ e del timore reverenziale. E’ mia opinione che la maggioranza
dei giudici non abbia il coraggio di difendere sempre e comunque la verita’ ma
che se sono di fronte a un giudizio che coinvolge un cittadino qualunque contro
un colosso aziendale, un ente pubblico o piu semplicemente un uomo potente,
preferiscano evitare qualsiasi tipo di “grana”, dando ragione a questi ultimi anche
se il cittadino presenti di fronte al giudice tanto di documenti che ne provano
l’innocenza . Questo e’ quello che e’ capitato anche a me, farmacista precaria
in causa contro un’ASL che oltre a sanzionarmi con provvedimenti disciplinari
mi ha lasciato a casa prima della fine del contratto, sebbene ci siano
documenti che provino la falsita’ delle accuse contro di me. Quello che fa piu’ rabbia in queste situazioni
e’ che non solo si riceve un danno da persone in malafede ma ad esso si
aggiunge anche la beffa di non avere riconosciuti i propri diritti nemmeno di
fronte a un giudice. La mia situazione e’ solo una delle tante in Italia. Solo recentemente
ho potuto sentire in TV la storia di un dipendente pubblico solerte che ha provveduto
a denunciare suoi colleghi che timbravano il cartellino sul posto di lavoro per
poi andarsene per i fatti loro, presso i suoi superiori e per tutta risposta ha
subito una sanzione disciplinare quando in realta’ avrebbe meritato un premio.
E come non ricordare le denuncie dei familiari di
detenuti morti in carcere a causa delle percosse da parte di alcune guardie
carcerarie, fatti gavissimi che in piu’ di un’occasione non hanno avuto un
riconoscimento, nemmeno di fronte al giudice, nonostante anche in questo caso
la presenza di prove documentali.
Non si puo’ quindi fare finta di nulla e non riconoscere
che c’e’ un problema di giustizia in Italia non solo legato alla burocrazia o
alla lentezza dei processi ma anche ai problemi su discussi. Non ho ricette
miracolose anche perche’ in questo caso sta per prima alla coscienza di ogni
giudice il rispetto per il proprio ruolo che deve essere sempre fatto con
equita’ e anche il rispetto per se stesso visto che abbassarsi alla logica del
potere significa ledere la propria dignita’ come persona. E’ chiaro pero’ che
il realizzarsi di un riconoscimento di una responsabilita’ individuale che
porti il giudice che ha sbagliato a essere punito, porterebbe gia’ il sistema
della giustizia italiana a un livello superiore.
Cristina
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