mercoledì 7 dicembre 2011

Il governo Monti e la sua riforma “Salva Italia”: le pensioni

Come gia’ accennato nel mio primo articolo, questa riforma mi ha amareggiato e deluso in quanto in Monti e nella sua squadra vedevo un modo diverso di fare politica e credevo di vedere discontinuita’  rispetto al governo precedente. In realta’ l’annuncio della riforma mi ha confermato che questo non e’ mai stato un vero governo tecnico ma bensi’ un governo ombra asservito a chi non ha avuto il coraggio di prendere decisioni che gli avrebbero causato una perdita ancora maggiore di voti. La prova sta nel fatto che Monti non ha fatto altro che completare le riforme gia’ iniziate dall’ex premier.
Credo pero’ che la maggioranza degli italiani non e’ stupida e di questo se ne e’ accorta come anche del fatto che e’ evidente che sono stati messi in gioco anche interessi di esponenti del PD se, diversamente da quanto sempre gridato nelle piazze, anche l’on. Bersani si e’ inchinato a queste decisioni  addirittura contestando l’on. Di Pietro. La dichiarazione di quest’ultimo non fa altro che dar voce a un fatto ormai chiaro a tutti ma che molti politici cercano di insabbiare per convenienza mettendo avanti le scuse che eravamo in una situazione catastrofica e che tali riforme ci erano state chieste dall’Europa.
Mi riferisco al fatto che non occorreva il governo Monti per portare avanti riforme che avrebbe fatto lo stesso Berlusconi. In definitiva chiamerei questo governo Monti, governo“Berlusconi bis”.
Ma guardiamo ai capitoli di tale manovra:il primo argomento che desidero trattare  riguarda le pensioni. Su questo tema la ministro Fornero ha ribadito piu’ volte che il governo non ha potuto fare di meglio a causa del tempo limitato. Mi dispiace dirlo ma anche questa e’ l’ennesima scusa per giustificare una riforma ingiusta.  Non e’ possibile privare i pensionati anche di quel misero adeguamento all’inflazione che avviene ogni anno specie se gia’ la pensione e’ bassa (mille euro di pensione al mese non e’ una pensione d’oro e oggigiorno bastano a mala pena per vivere facendo pero’ nel contesto grossi sacrifici) e se come succede diffusamente in questo Paese il vero welfare viene fatto dalle famiglie che sostengono i figli disoccupati.  Sarebbe stato meglio alzare per lo meno la soglia della mancata indicizzazione a 1500 euro.
Altra ingiustizia riguarda l’uguaglianza dell’eta’ di pensionamento e il numero di contributi da versare;  questo potrebbe sembrare una contraddizione in termini ma se ci si riflette l’eta’ di pensionamento deve rispecchiare il tipo di lavoro. Chi ha sempre lavorato come operaio, infermiere e quindi chi ha svolto lavori usuranti non puo’ essere paragonato a chi ha lavorato in ufficio. L’eta’ di pensionamento deve essere diversa a seconda del tipo di lavoro svolto.
Il metodo contributivo puo’ anche essere piu’ equo di quello retributivo ma forse il governo si e’ dimenticato di tutti quei giovani precari e disoccupati che non arriveranno mai ad accumulare il numero di contributi richiesti; secondo la mia opinione prima di tutto dovevano pensare ad una seria riforma del lavoro mettendo pero’ anche tutele per chi per eta’ e a causa del lavoro precario non potra’ mai godere di una pensione; in questo senso si potrebbero ad es. introdurre eccezioni al raggiungimento dei contributi necessari per chi per motivi lavorativi non ha potuto accumularli.
E’ chiaro che occorre una riforma del lavoro per rilanciare l’economia del nostro Paese; a questo proposito ritengo che la proposta dell’on. Ichino potrebbe essere un primo passo interessante per semplificare la giungla selvaggia dei contratti di lavoro ed ottenere un unico contratto a tempo indeterminato. Questo eliminerebbe la vergognosa pratica dei contratti precari che non consente per lo piu’ a giovani e a donne di avere quei diritti minimi di cui ogni lavoratore deve godere. Inoltre tale riforma permetterebbe ai lavoratori, a fronte di una maggiore flessibilita’ di licenziamento delle aziende, di avere un congruo contributo durante il periodo di disoccupazione a spese delle aziende che li hanno licenziati; tutto questo pero’ secondo me dovrebbe essere accompagnato da corsi di riqualificazione con ricollocazione certa a fine del percorso almeno per quei lavoratori non ancora vicini alla pensione.
L’unica nota positiva e’ la riduzione dell’IRAP a carico delle aziende sul lavoro giovanile e femminile anche se avrei preferito un’agevolazione piu’ ampia che comprendesse anche i meno giovani almeno fino ai 40 anni.
C’e’ poi il tema delle pensioni d’oro dei politici ma non solo; queste non sono state toccate con l’ennesima scusa che non era possibile toccarle perche’ prerogativa del Parlamento. La verita’ e’ ben altra; tutti sono pronti a varare sacrifici che riguardino gli altri, discorso ben diverso se devono toccare il loro portafoglio. A questo proposito mi ha fatto specie sentire la lamentela di un deputato  intervistato da Ballaro’ ieri 6 dicembre sulla possibile sforbiciata sui vitalizi.

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